Intervista / Marco Ferrante ricorda Maradona, che conobbe da giovanissimo al Napoli: “I gol al Torino su punizione li devo anche a Diego”
Per Marco Ferrante, Diego Armando Maradona è stato l’inventore del calcio. La fonte è attendibile, perché l’ex attaccante del Torino è cresciuto nel Napoli ammirando El Pibe de Oro e poi allenandosi assieme a lui. Lo raggiungiamo al telefono. Ha appreso la notizia da alcuni colleghi argentini: “E’ scioccante. Per me è e rimarrà il calciatore più forte di tutti i tempi. Non è paragonabile neanche a Ronaldo, con cui ho giocato all’Inter. Diego è l’inventore del calcio. E’ colui che appena accendeva la lampadina ti faceva vincere la partita. Sono cresciuto con lui, l’ho vissuto in prima persona”.
“Conservo ancora le scarpette che mi regalò”
Giocò anche con le sue scarpette.
Sì, me le donò perché le mie si erano rotte. Le ho ancora. Apprezzo questo come altri ricordi, ancor più oggi che non c’è più.
Cosa significa questo giorno per l’ambiente di Napoli?
Ho comunicato io la notizia ad alcuni miei parenti napoletani, avevo ricevuto dei messaggi dall’Argentina per questioni lavorative. L’hanno accolta come se fosse morto un papà o una mamma. Per Napoli è un personaggio indimenticabile: lo ricordano innanzitutto i muri, dove le sue immagini sono migliaia.
Il Ferrante calciatore deve qualcosa a Maradona?
Io, da ragazzino, non riuscivo a calciare le punizioni. Guardando Diego mi chiedevo come facesse a dare al pallone quella frustata di collo-piatto tale da far scendere la palla appena dopo l’ultimo uomo della barriera e infilarla sempre all’incrocio. Vedendo gli allenamenti e poi allenandomi con lui ho imparato i trucchi del mestiere: gli guardavo i piedi, non solo quello con cui calciava ma anche quello di appoggio. Piano piano sono migliorato, tanto che al Torino ho avuto la fortuna di fare qualche gol su punizione, spesso quasi da fermo. Anche Gianfranco Zola, arrivato dalla Torres, non era il re della punizione: con gli anni, e con l’aiuto di Maradona, lo è diventato. Ma ho anche un altro aneddoto da raccontare…
Prego.
L’anno dello scudetto del Napoli (il 1987, ndr) ho il nitido ricordo, da ragazzino del collegio, del momento in cui aspettavo con i miei compagni che la prima squadra uscisse dal ristorante, davanti a un corridoio di una ventina di metri. Maradona lo percorreva palleggiando con un limone da una spalla all’altra. Noi lo guardavamo scioccati: stavamo ammirando un giocoliere.